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Siamo in estate, è tempo del gran caldo, del canto delle cicale, del lavoro faticoso dei campi, ma è anche il tempo delle feste, delle ricorrenze religiose e delle sagre. Infatti in ogni paese l’attenzione degli organizzatori è rivolta a programmare svariati divertimenti, spesso facendo “salti mortali” per la ricerca di fondi. Ed è proprio in questo periodo che il mio ricordo va alle feste di una volta, quelle erano soprattutto feste religiose poiché le sagre non erano ancora diffuse. Al mio pese le ricorrenze più sentite erano: la festa del 13 giugno in cui si onorava Sant’Antonio, il 15 agosto festa dell’Assunta e la prima domenica di ottobre, festa del Rosario. La gente aspettava con ansia e si preparava con grande partecipazione, collaborava perché tutto riuscisse bene. Ognuno si sforzava di fare offerte in denaro sottraendolo, pur con grande sacrificio, alle già poche disponibilità monetarie che si avevano. Le processioni erano accompagnate immancabilmente dalla banda a cui prendeva parte anche una donna del paese, che con una grande cesta portata in testa, raccoglieva offerte in natura: prodotti della terra, agnelli, pollame, qualche giocattolo sfizioso ed altro. Tutto questo veniva venduto all’asta che si svolgeva la sera stessa in piazza e l’incasso serviva ad integrare le somme già raccolte. In occasione della festa del 13 giugno, la processione con la statua del santo, oltre ad essere seguita da tantissime persone e da un complesso bandistico, era resa più spettacolare da cavalli addobbati. Si, proprio da cavalli, i possessori degli animali più belli e ben tenuti facevano quasi a gara per risultare i più ammirati. I cavalli, strigliati e puliti venivano ricoperti con drappi scivolosi e fruscianti, con coperte di seta e di velluto, allora molto in voga nel corredo delle donne. Le coperte avevano frange pendenti lungo i fianchi degli animali, erano tenute ferme da larghi nastri colorati e luccicanti che si muovevano al minimo alito di vento provocando loro un lieve solletico. Anche le criniere e le code si mostravano ben curate dalle mani dei padroni, sulle teste degli equini, sventolavano pennacchi variopinti, sonagli e campanelli dai suoni dolci e sommessi poiché nulla doveva disturbare la pazienza degli animali, neppure il rumore del tamburo e dei piatti della banda, gli spari dei fuochi d’artificio, quasi essi percepissero l’importanza e la grandezza del santo a cui facevano seguito con passo fermo e cadenzato. Io, allora bambina, ricordo che guardavo stupita e divertita tutto quello spettacolo. La processione, in verità molto affollata, proseguiva per le vie del paese, la gente parlottava, pregava e chiacchierava, le vecchie bisbigliavano invocazioni e preghiere. Tutti erano animati dalla gioia di un giorno diverso dedicato a sant’Antonio e in cuor suo ognuno, a modo proprio, chiedeva al “Santone”, come lo chiamavano i più, un aiuto per le esigenze più svariate. Questa ricorrenza aveva un posto così importante nell’animo e nella mente della gente che nessuno doveva rimanere escluso dalla gioia, tanto che, il comitato festa provvedeva ad assicurare anche ai più poveri un pasto completo. Pasto che ogni famiglia condivideva con i musicanti invitati a pranzo in questo giorno.
  Mi piace ricordare anche un’altra praticata dalla gente: durante la santa messa delle 11, celebrata in onore del santo, se c’erano dei bambini piccoli, di pochi mesi, le mamme li facevano benedire dal sacerdote e li vestivano con un piccolissimo saio completo di cordoncino, proprio come quello di sant’Antonio, da portare fino all’anno successivo, quando, davanti alla statua li svestivano, lasciando l’abitino in chiesa a ricordo perenne del voto fatto. A ripensarci ora mi pare tanto lontano, ma è molto vivo nella mia mente. Di queste usanze non c’è più traccia nella festa di oggi, non ci sono più, purtroppo, neanche le voci delle persone che partecipavano attivamente a quel vissuto e potrebbero testimoniare col loro racconto aspetti del passato. Sono a conoscenza che la vestizione dei cavalli per la festa di sant’Antonio è ancora praticata soltanto da alcuni zingari. Oggi le ricorrenze religiose, in particolare, hanno cambiato volto, poiché tra coloro che amministrano il culto nella gerarchia ecclesiastica (e son in molti) c’è chi vuole eliminare tutto ciò che si crea attorno alle feste; si dovrebbero eliminare, a loro dire, le bande, i fuochi d’artificio, le orchestrine, si dovrebbero eliminare addirittura le processioni e ridurre le ricorrenze religiose soltanto a sante messe e preghiere da recitare nel chiuso delle chiese. Tutto viene visto come folklorismo, chiasso, rumore, paganesimo che a loro parere sono ben lontani dal volere dei santi. Ma a modesto parere della scrivente, sarebbe opportuno che i ministri del culto valutassero positivamente anche l’aspetto esteriore delle feste se questo serve a stimolare la gente ad andare nella casa di Dio. Forse gli uomini che preparavano i cavalli per la processione no pregavano mentre li tenevano a bada? Forse le ragazze che si preparavano un vestitino nuovo per recarsi in chiesa non vivevano momenti che risvegliavano in loro lo spirito religioso? Forse le mamme che vestivano i loro bimbi col saio del santo non pregavano? Sbrigare le faccende di casa e i lavori dei campi in fetta per non mancare e arrivare puntuali alla messa solenne forse non creava momenti di profonda riflessione e comunione con il sacro? la risposta è senz’altro affermativa.
Anche se non si recitano rosari interi, certamente, i santi protagonisti delle feste celebrate in loro onore, accettavano i sentimenti e i gesti di disponibilità a migliorare pentendosi di peccati commessi. Si può pregare anche partecipando ad un sano divertimento. I cambiamenti voluti dai ministri della chiesa nelle usanze relative, in modo particolare, alle ricorrenze religiose, se non condivise, porteranno in modo sempre più incisivo ad un allontanamento della gente dalle chiese, poiché le persone non perdonano chiunque voglia costringerli, con modifiche imposte, a cancellare usi e costumi che costituiscono il loro passato e quindi il vissuto individuale di ognuno.