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PREMESSA
Non si può parlare di Pettoranello, e della sua storia, se non si rende il giusto omaggio a colui che, con i suoi studi, le sue ricerche e il constante interessamento, ha contribuito più di tutti, da precursore, alla storiografia del paese: Don Fernando Cogo.

Don Fernando è stato parroco in Pettoranello dal 1965 al 1975 e, fin dal suo arrivo, si interessò ai frequenti affioramenti di “cocci” in varie zone del paese ed, in particolar modo, a seguito della scoperta di un’area funeraria in buono stato di conservazione (1967).

Rilevò inoltre due cippi miliari affiorati sul territorio comunale: il 120° ed il 121°, e svolse notevoli studi presso il grande archivio di Napoli sui cedolari della Regia Camera della Sommaria riuscendo a documentare buona parte della storia feudale di questo piccolo centro molisano.



I PRIMI INSEDIAMENTI

Tralasciando recenti scavi archeologici, svolti sul territorio comunale, che sembrano aver individuato tracce della presenza di gruppi umani arcaici riconducibili al periodo che va dal neolitico all’età del rame ovvero il ritrovamento di strumenti in selce e delle presunte buche di palo di età eneolitica, i primi insediamenti umani possono essere ricondotti al periodo sannita.


A testimoniarne la presenza, nello specifico dei Pentri, sono state rilevate tracce di una fortificazione costituita da una cinta muraria che circonda l’altura di “Castelluccio” e percorsa all'interno da un sentiero che si collega alla piana di Pantaniello e al fiume Carpino, presumibilmente a controllo e difesa della valle del fiume, importante via di accesso all’Alto Molise.

Successivamente vi sono stati insediamenti romani. A conferma il ritrovamento di una sepoltura “a cassone” (contenente una fibula “ad omega”, con pròtomi animali, databile VI-VII sec. d.C.) che ha successivamente portato alla scoperta di un’area funeraria collocata su di un insediamento agricolo di età romana (inquadrabile tra il I sec. a.C. e il IV sec. d.C.) impostata su di un precedente sito risalente al  V-IV sec. a.C.
 
fibula

D'altronde, il territorio di Pettoranello, durante il periodo sannita (prima) e romano (poi) godeva di una posizione geografica strategica, sia dal punto di vista militare che commerciale. Il valico di Pettoranello fungeva da collegamento tra il bacino del Biferno e quello del Volturno e demarcava il passaggio dal versante adriatico, dell’Appennino, a quello tirrenico. Non a caso il territorio era attraversato da due importanti assi viari: Il tratturo Pescasseroli Candela e un’arteria dell’antica via latina (La strada via Venafrum ad Aeserniae ed a Beneventum). Pertanto l’ipotesi che vi insistesse una stazione militare romana non pare inverosimile.

In conclusione, come attestato dalle indagini condotte dal prof. Letizia Ermini Pani e dall’archeologo Michele Raddi, nell’agro di Pettoranello perdurarono, almeno fino al VII sec. d.C., insediamenti in pianura e prossimi a sorgenti d’acqua.



ORIGINE DEL BORGO E DEL TOPONIMO

Per quanto attiene l’attestazione di un primo borgo coincidente con l’attuale abitato, possiamo ritenere che si sia generato almeno intorno all'XI-XII sec., ovvero durante il passaggio dalla dominazione longobarda a quella normanna.

Dai documenti finora conosciuti, in effetti, sappiamo che prima della anno mille i territori di Pettoranello erano parte integrante della contea longobarda di Isernia (il 9 maggio 964 il Principe Pandolfo Capodiferro nell'assegnare i confini di Isernia ne stabilisce il limite est con Colle Petroso ossia Castelpetroso).

Mentre, successivamente, altri documenti ne attestano l’esistenza:
 

    gli atti per la donazione della chiesa di Santa Croce sopra Monte Pesclatura (Pesche) del 1092 (ovvero appena dodici anni dopo il riconoscimento del dominio normanno – trattato di Ceprano), nei quali compare un tale  Angerio[1] (nome normanno) che si definisce di Pettorano;
    il catalogo dei Baroni (1150-1168), che attesta l’esistenza del feudo, concesso a Raul de Molisio[2], con il toponimo di “Pectoranum”;
    la bolla del 29 marzo 1182 di Papa Lucio III: Quoties a nobis petitur, identifica in Castrum Pectorani il secolare limite dei confini delle Diocesi di Isernia e Bojano;


​Per quanto concerne l’interpretazione etimologica del toponimo, come ci spiega G. Peirce nel suo: "Le origini preistoriche dell’onomastica italiana", Pector-ano dovrebbe essere inteso come: “il podere di Pector”, ovvero identificherebbe il possedimento armentario o agricolo di un certo allevatore o agricoltore di nome Pector, che, con l’ingrandirsi della famiglia, diviene progressivamente borgo e successivamente feudo.

Il termine Castrum, che ritroviamo nella bolla del 1182, invero dovrebbe attestare la presenza di un castello o un fortilizio sul feudo[3], confermando la datazione del palazzo baronale intorno al XI-XII sec.

Con il passare del tempo il toponimo si trasformerà: Peturanum, Peturanu e Petoranellum (XV-XVI sec.), finché nel 1731 il feudo di Pettorano assume la denominazione di Principato di Pettoranello (o Pettoraniello) per poi essere nuovamente ridenominato, a seguito dell’eversione dalla feudalità (1806): Comune di Pettorano.

L’evoluzione finale del nome si è avuta successivamente all’Unità d’Italia:
 

- 18 marzo 1861: Costituzione del Comune di Pettorano;

- 06 febbraio 1863: con il Regio decreto 1140, del 22 gennaio 1863, Re Vittorio Emanuele II autorizza il Comune di Pettorano ad assumere la denominazione di: Pettoranello di Molise (come da deliberato del Consiglio Comunale del 13 novembre 1862);

- 24 febbraio 1937: contestualmente al provvedimento di ricostituzione del Comune (dal 1928 al 1937 il comune aveva perso la sua autonomia ed era stato aggregato al comune di Isernia) con la Legge 55 del 11/01/1937 viene ridenominato: Pettoranello del Molise.
 
[1] «A titolo di esempio, si riporta quanto scrive, ad annum 1092, il Di Meo, il quale riferisce che “dal Gattola si ha che Rodolfo cognomine de Molisio, comes patriae Bovianensis, co’ suoi figli Ugo, e Ruggieri, col suo nipote Roberto figliolo del morto suo figlio Roberto, per le anime del suo padre Guimondo (nota: figlio di Rodolfo I), di sua madre Emma, de’ suoi figli Roberto, Rodolfo, e Guglielmo, di sua figlia Adeliza, e Beatrice, della q. sua moglie Alferada, e de’ suoi fratelli Roberto, Ugo, Antonio, Guimondo, Alanno, e Strostaino (Ughelli ha Trostaino) donò a M. Casino la Chiesa di S. Croce d’Isernia, sopra il Monte Pesclatura, e ‘l Castello Bagni in Contado d’Isernia. Scrive <l’atto> Anserano Notaio d’Isernia nel Castel Carpinone, e si firmano Leone Vescovo d’Isernia, Ildolfo Giudice, Angerio di Pettorano, Giovanni Turturis (...)»- ["L’antistoria nell’area del Medio Biferno" di Francesco Bozza - (nota 385)].

[2] Raul di Molise teneva in feudo Pettoranello insieme a Castelpetroso, per conto di Ugo conte di Molise, e doveva provvedere a mantenere ben 4 militi ed altrettanti servienti nell’esercito – “Catalogus Baronum”:«Raul de Molisio dixit, quod demanium suum de Castello Petroso, et Pectorano est feudum IV. militum, et augmentum eius sunt milites IV».

[3] Ne è un esempio Castelpetroso che prima dell’anno mille veniva menzionato Colle Petroso e solo successivamente all’edificazione del “castello” venne chiamato Castrum Petrosum ovvero Castelpetroso.

 
 

IL PERIODO FEUDALE

Dal XII sec. fino al 1806 (eversione della feudalità), il feudo di Pettoranello è passato nella disponibilità di diverse famiglie feudali, tra cui: De Molisio, Di Barrasio, Di Faenza, D'Alneto, Del Balzo, Scotto, Capuano, Sanfromondi, Caldora, Pandone, Ciciniello, D'Afflitto e Caracciolo.

La più importante, per durata e impronta storica, è stata sicuramente l’ultima: i Caracciolo.

I Caracciolo acquisirono il feudo di Pettoranello a seguito del matrimonio, celebrato a Napoli il 14 maggio 1595, fra Camilla d’Afflitto (ultima discendente della famiglia) e Giovanni Antonio Caracciolo. Venne così trasmesso ai discendenti di Giovanni Antonio il feudo che Antonio d’Afflitto, nel 1531, aveva comprato da Antonio Ciciniello per la somma di 2750 ducati.

Sotto la signoria dei Caracciolo, Pettoranello, deve aver goduto di un certo sviluppo. La popolazione, che nel 1505 era computata in 28 fuochi (circa 130 abitanti) e nel 1595 in 72 fuochi (circa 330 abitanti), nel 1804 era di circa 1300 persone.

Il feudo fu elevato al rango di baronia e, successivamente, di principato (1731).

Don Eustachio Caracciolo (primo principe di Pettoranello) ne ampliò il territorio con l’acquisto, nel 1745, del confinante feudo Riporci (Erivorzam), mentre il figlio Don Vincenzo (ultimo tenutario) si impegnò nella costruzione della attuale chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo.

I Caracciolo di Pettoranello hanno dato alla luce anche personaggi illustri come: Carlo Caracciolo ovvero fra’ Kiliano (principe di Pettoranello e Abate Olivetano del Convento Castellone fondatore della loggia massonica dissidente sotto la denominazione di La Bien Choisie) e Giuseppe Caracciolo (noto alle cronache per le contese avute, in qualità di intendente di Avellino, con Guglielmo Pepe e per l’elogio funebre della prima moglie Donna Anna Maria Ruffo)



 
L’UNITA’ D’ITALIA

In seguito all'emanazione delle leggi di eversione della feudalità, Pettoranello, subì alcuni stravolgimenti da punto di vista amministrativo. Dapprima si ritrovò aggregato al distretto di Isernia (1807), successivamente venne ricompreso nel circondario di Monteroduni (1811) ed infine fu trasferito al circondario di Carpinone (Regio Decreto 11 agosto 1815).
 
Il 17 ottobre 1860 Pettoranello entra nella storia dell’Italia risorgimentale quale teatro dell’eccidio della La legione Matese.

I primi anni del periodo post-unitario non furono dei più felici per Pettoranello, in quanto caratterizzati da fenomeni di brigantaggio[1] (incarnati da Alessandro Pace di Mignano e la compagna Giocondina Marino: 1862-69), e da una violenta epidemia di colera che provocò, solo a Pettoranello, 108 morti (1862).

Furono comunque anni di cambiamento: venne istituita la prima scuola pubblica, benché soltanto maschile[2], e venne adottato il sistema metrico decimale in sostituzione delle vecchie misure come la Caraffa e lo Staio.

L’ultimo decennio del secolo venne caratterizzato da una discreta attività del Comune: acquisizione dell’odierna sede municipale (1894), realizzazione del cimitero (1892-96) e realizzazione della Fonte Vecchia (1896). Il paese, inoltre, esce dal suo atavico isolamento con l’arrivo della ferrovia (1895).

D’altro canto le condizioni economiche non sono delle migliori e, sempre più spesso, i Pettoranellesi sono costretti a spostarsi in cerca di lavoro.
Con le prime emigrazioni[3], soprattutto verso gli Stati Uniti d’America[4], inizia così una vera e propria diaspora che si protrarrà, a fasi alterne, per quasi un secolo.
 
A cavallo dei due conflitti mondiali, per oltre otto anni, dal 06/07/1928 (R.D. 1599 del 21/06/1928)  al 24/02/1937 (Legge 35 del 11/01/1937) Pettoranello perde la sua autonomia e viene aggregato al comune di Isernia.
 
Gli strascichi della seconda guerra mondiale in termini di: miseria, distruzione e sofferenza, si abbatterono sul Comune. Alle vittime della guerra (anche civili tra feriti ed ammazzati) si aggiunsero le vittime del post-guerra, ragazzi che nell’intento di rimediare qualche lira, con la vendita di metalli recuperati da ordigni inesplosi, morivano oppure perdevano gli arti. Ripartì inoltre il flusso emigratorio che perdurò fino ai primi anni ottanta, con destinazioni: Argentina, Canada, USA, Svizzera e Germania (poche unità anche in Inghilterra, Venezuela e Australia). Il flusso fu così imponente che il paese passò dai 911 abitanti del 1951 agli appena 353 del 1981
 
Così viene descritto il paese da Indro Montanelli durante gli anni sessanta: “Pettoranello, dove la colonna garibaldina di Nullo venne trucidata dai villani inferociti, è ancora un paese disperato nell’abbandono.” - [Italia sotto inchiesta <<Corriere della Sera>> (1963-65)].
 
Sul finire degli anni ’70 si avvia (su spinta dei fratelli Remo e Tonino Perna) un processo di trasformazione dell'economia locale che da agricola diviene industriale (settore tessile-abbigliamento) risollevando il paese in termini di benessere economico e sociale per oltre tre decenni.
 
Il resto è storia dei giorni nostri.
 
[1] (Pag.1119) cattura e uccisione con sevizie di due carabinieri di Longano da parte di 6 briganti, nel bosco Riporsi di Pettoranello il 28 marzo 1967. (Pag.1121) 7.2 «Supposta apparizione di briganti sulla consolare tra Pettoranello e Castelpetroso» 1867 (Pag.1123) 9.4 Apparizione di 7 briganti nel bosco Riporsi di Pettoranello il 20 luglio 1868; - [Guida alle fonti per la storia del brigantaggio postunitario conservate negli Archivi di Stato - Vol.2]
 
[2] Per l’anno scolastico 1862-63 risultano iscritti 40 alunni - Statistica del Regno d’Italia – Istruzione primaria. Istruzione elementare pubblica per comuni anno scolastico 1862-1863 - Ministero dell’educazione nazionale.

[3] Dalla seconda metà dell’ottocento fino agli anni trenta del secolo successivo furono moltissimi i viaggi con biglietti di terza classe che videro partire Pettoranellesi, da Napoli come da Genova, alla volta del nuovo mondo quasi sempre con destinazione Trenton, Princeton e Lawrenceville in New Jersey (U.S.A.). Numerose tracce di questi viaggi sono rinvenibili negli archivi di Ellis Island. A titolo di esempio: Pirone Giovannantonio, Pirone Michele, Ranallo Michele, Perna Errico e Pinelli Michele, partiti da Napoli a bordo della Elysia, dopo venti giorni di navigazione, il 6 luglio 1897 sbarcano a New York (U.S.A.).

[4] (…) I panettieri di Ripalimosani portarono la loro arte a Rosario; da Pettoranello, a partire dal 1850, partirono per Princeton gli esperti di giardini all'italiana che hanno fatto del New Jersey lo "Stato dei giardini"; dei ramai e calderai di Agnone, dei coltellinai di Frosolone (…) - [La montagna mediterranea: una fabbrica d'uomini? : mobilità e migrazioni in una prospettiva comparata (secoli XV-XX) - Dionigi Albera - Gribaudo, 2000].